Calcoli alla colecisti

Fegato: epatite e calcoli alla colecisti

 

L’epatite (A, B o C e qualsiasi variante) è un processo di fisiologia speciale delle vie biliari che, per dare sintomi, deve necessariamente essere in una routine con ripetute recidive dello stesso conflitto.

 

Si ha a che fare quindi con una di quelle curve bifasiche che chiamiamo “umane”, in cui i tessuti non riescono a riparare completamente.

Ma iniziamo a osservare cosa avviene nella curva bifasica teorica e monociclica (senza recidive), considerando che tutto ciò che viene qui detto per il fegato vale parimenti per la cistifellea.

In Fase Attiva l’epitelio dei dotti biliari ulcera (origine ectodermica), con il senso di espandere la portata dei dotti stessi e permettere un maggiore afflusso di bile.

In questa fase non si avvertono sintomi importanti, se non una ipersensibilità alla zona, come un fastidio al contatto, che può rendere di difficile sopportazione la pressione degli elastici degli indumenti (cintura, reggiseno…).

Nel momento della ConflittoLisi l’epitelio inizia a riparare le ulcere gonfiandosi con edemi, e restringendo un po’ il dotto con riduzione dell’afflusso dei succhi.

Non si ha sensibilità sul momento, ma si può verificare di trovarsi in fase PCL-A quando le feci risultano chiare e giallognole, leggere e che galleggiano, poiché in assenza di bile sono ricche di gas di fermentazione. Questo è il sintomo quasi immediato che si rileva dopo la CL.

 

In caso di forte soluzione e in concomitanza con il conflitto del profugo (fisiologia speciale a carico dei reni) il dotto può temporaneamente ma rapidamente tapparsi e provocare stasi biliare, a volte con un dolore sordo per la trazione dei tessuti, e la sensazione di avere il peso di un sasso nella zona del fegato.

Con la stasi dei succhi, la testa del fegato può avere un temporaneo rigonfiamento e manifestarsi l’ittero, ovvero il colore della pelle giallo paglierino.

La CE può dare fitte acute improvvise, e dolore da colica biliare massimo per alcuni secondi; a volte si ha vomito verdognolo ricco di bile.

Il calcolo non è la causa del dolore/fitta: poiché il sassolino, presente o presunto, si forma dopo numerosissime recidive in cui i succhi fanno stasi, significa che è all‘interno del dotto da lungo tempo, e allora anche il dolore dovrebbe essere costante.

Invece lo si avverte quando l’epitelio del dotto si sensibilizza per una nuova recidiva conflittuale, e specialmente durante lo spasmo della CE.

Il calcolo è un sedimento e da solo non va via, ma può essere rotto meccanicamente o operato chirurgicamente.

Se il dolore è invece sordo e continuo, non può essere connesso con il processo biliare.

In PCL-B i dotti tendono verso la normalizzazione, le feci diventano scure, pesanti e appiccicose per il ritorno abbondante della bile, e la pelle diventa di un giallo più intenso, ocra.

La percezione biologica che attiva i dotti biliari in un destrimane è precisamente “qualcuno mi toglie ingiustamente qualcosa di mio, genericamente detto “rancore nel territorio”.

Da immaginare il gattino che sta compresso a qualche centimetro dalla sua ciotola mentre il gatto più grosso gli fa fuori tutta la pappa.

 

Quindi la CL che avvia la fase sintomatica è “ho potuto recuperare qualcosa di mio, lho avuta vinta (con l’eredità, l’avvocato…).

La donna mancina risponde con questo programma di fisiologia per un percepito con una sfumatura diversa, ovvero una sottrazione di identità, “non so bene qual è il mio ruolo, dov’è il mio posto”, “sono o non sono la sua donna”.

 

Ciò che viene rilevato negli esami del sangue sono i residui di questo processo, e per quanto riguarda l’attività dei virus (presupponendo che questi agiscano in qualche modo) essi proliferano a partire dalla PCL-A con il fine di rinforzare la cicatrizzazione dell’epitelio dei dotti biliari.

In tema di contagiosità, il discorso vale come per tutti gli altri microbi: se il cervello non ha già attivato un programma di fisiologia speciale, il microbo non ha terreno e nessun motivo per mettersi al lavoro (comunque sensato e utile alla riparazione dei tessuti).

Questo processo biologico ha un decorso lineare come tutti gli altri, se non fosse che molto spesso la persona permane in uno stato di rancore di lungo periodo, all’interno di una gabbia percettiva di cui può non rendersi più conto, e che porta l’organismo a sintomi notevoli e conclamati con il nome di epatiti.

Si tratta delle già viste “curve umane”, ovvero processi biologici di riparazione con sintomi altalenanti e perduranti, poiché l’organismo non ha la possibilità di chiudere il ciclo per le continue recidive di “ingiustizia per qualcosa che mi viene sottratto”.

 

 

 

Tratto da “Noi siamo il nostro corpo”

Creature di percezione concepite per imparare illimitatamente

di Mauro Sartorio