Celiachia

Intestino: colite, gonfiori, celiachia, Crohn, vomito, polipi

 

Premessa: in questo capitolo viene affrontata la fisiologia speciale dell’intestino nelle sue più arcaiche funzioni: poiché i tessuti endodermici – di cui quelli intestinali fanno parte – non hanno sensibilità al dolore, molti dei sintomi che troverai elencati passano inosservati e di solito se ne ha riscontro solo attraverso reperti clinici.

Inoltre, le percezioni biologiche del sistema digerente, innervato dal paleoencefalo, sono da considerarsi molto viscerali: è necessario immaginarsi il serpente che si trova in difficoltà a mandare avanti nel suo tubo il boccone “indigesto”.

Già la parola “indigesto” nelle situazioni umane può contenere una sfumatura di giudizio che in biologia è del tutto assente. La biologia del serpente è terra terra, ed è perciò necessario astenersi da qualsiasi psicologizzazione.

Considera anche che, per il corpo, la percezione di un fatto oggettuale o di uno traslato non è diversa: per cui un boccone indigesto può essere allo stesso modo una situazione indigesta come proprio un boccone di cibo.

 

Dunque iniziamo scomponendo le qualità funzionali dell’apparato digerente, che sono 5.

La qualità (1) sensoriale è relativa a naso e bocca che analizzano il boccone per sapere se è commestibile o no, mentre stomaco e intestino si occupano delle altre 4: (2) peristaltica – contrazioni muscolari per l’avanzamento del bolo; (3) secernente – secrezione di acidi e muco; (4) assorbente – assorbimento di acqua, gas e nutrienti; (5) escretoria – funzione di evacuazione.

 

La qualità peristaltica (2) è presente e indispensabile per l’intero intestino: la funzione aumenta in Fase Attiva per spingere più rapidamente il bolo, con leggeri sintomi come gorgoglii e una possibile maggiore frequenza nella evacuazione.

In PCL-A si produce un drastico calo di attività, con arresto temporaneo della muscolatura e il possibile sintomo di stitichezza per stasi della motilità.

In fase di Crisi Epilettoide si hanno forti contrazioni improvvise con crampi addominali (fino a 4 ore).

La percezione biologica che si rileva è “sono in una situazione che vorrei allontanare, da cui vorrei uscire ma non posso”, una situazione che si fatica a mandare avanti “nella digestione”.

Prendendo in esame la prima parte dell’intestino, chiamata tenue, è invece preponderante la funzione assorbente (4), finalizzata all’assorbimento dei nutrienti e dei gas prodotti dalla fermentazione (15 litri al giorno).

Vediamo nel dettaglio le tre sotto-divisioni del tenue:

 

– Duodeno (mucosa endodermica, parte ectodermica esclusa)

Il duodeno, che è il primo tratto di intestino tenue dopo lo stomaco, aumenta la funzione assorbente (4) con la percezione di “non mi nutro abbastanza”.

La reazione è relativa a un manco alimentare, o in senso traslato a “una situazione che non mi nutre”.

Ai giorni nostri è anche tipica conseguenza dell’angoscia in relazione al cibo, dove le regole nutrizionali impongono regimi e diete che, visceralmente, il serpente non concepisce.

In Fase Attiva il duodeno cerca di assorbire più che può quel poco che c’è: gas, nutrienti e liquidi vengono assimilati più velocemente del normale, ma non ci si accorge di nulla.

Nel momento in cui il corpo percepisce di ben nutrirsi, per esempio in uno sgarro alla dieta quando riceve “qualcosa che non si sarebbe dovuto”, va in soluzione, arrestando drasticamente e immediatamente l’assorbimento.

L’inizio della PCL-A è allora verificabile poiché, a pochi minuti dalla CL, si ha la stasi dei gas con gonfiori addominali in alto a ridosso dello stomaco.

Per esempio: se sono immerso nella paura di mangiare la pizza che mi fa male (Fase Attiva), quella volta che mi capita – “finalmente!”, dice il serpente – mi gonfio sempre come un pallone (fase PCL-A). Se ti dà noia questo tipo di gonfiori, fai qualcosa di diverso osservando come fa il gatto.

 

La seconda parte dell’intestino tenue è detto “tenue medio”, o anche:

 

Digiuno

Il primo tratto del digiuno è quello per il quale, di questi tempi, molti bambini sono sotto osservazione medica: è la zona della cosiddetta “celiachia”, un’etichetta nosografica che raccoglie sintomi disparati, ma che non ha precisi riscontri clinici.

In effetti viene frammentata in una moltitudine di sotto-categorie, come “celiachia tipica”, “celiachia atipica”, “celiachia silente”, “celiachia latente”, “celiachia potenziale”: nomi che cercano di annoverare tutte le possibilità di disturbi, da quelli intestinali alla stanchezza, da numerosi sintomi generici ai villi intestinali appiattiti, fino alla totale sintomaticità.

Dal punto di vista delle leggi biologiche, sappiamo come non sia possibile osservare con la precisione dovuta ciò che il corpo sta facendo, a partire dalle comuni nomenclature.

Quindi staremo focalizzati su quello che il corpo fa e nulla più.

 

A cominciare dalla nota forma a villi della mucosa del digiuno che, come il duodeno, ha la funzione principale di assimilare i nutrienti (qualità assorbente (4)).

Per “assorbire di più quel poco che ho”, in Fase Attiva la mucosa cresce aumentando il suo spessore.

Se il processo si trascina a lungo in un continuo ripetere ispessimenti e caseificazioni, con il tempo le anse dei villi tendono a riempirsi e ad appiattirsi.

Questo appiattimento è uno dei pochi sintomi ritenuti caratteristici della celiachia, anche se è una condizione che spesso viene diagnosticata senza alcuna biopsia.

Di per sé un villo piatto non fa alcun sintomo che possa essere percepito, e in effetti il suo appiattimento è un processo lungo e graduale per cui, se e quando viene rilevato, si tratta di un fatto necessariamente presente da anni: un tempo ben antecedente ai primi sintomi che hanno spinto a fare le analisi.

Quei disturbi occasionali sono da attribuire, piuttosto che ai villi piatti, a circostanze puntuali più prossime.

Sono necessarie migliaia di recidive chiuse in una routine per poter appiattire un villo.

Un esempio che può calzare per un bambino: la primissima circostanza che mette in allerta il bimbo nel sentire che “non si nutre abbastanza”, è il momento dello svezzamento, ovvero la separazione dalla tetta della mamma.

Lo svezzamento, a livello biologico, è sempre un improvviso manco di nutrimento.

E non solo di nutrimento alimentare: “mi stacco da questo latte che contiene tutto, i nutritivi, i germi che mi sono necessari… e soprattutto contiene quell’amore materno che mi avvolge”.

Tutto questo adesso non c’è più.

Ma il bimbo comunque si arrangia con le pappette, qua e là il suo intestino cerca di assorbire un po’ di più, la mamma è lì presente e tutto va bene.

Poi a 4 anni arriva il fratellino, e guarda caso da quel momento diventa “celiaco”: i disturbi intestinali aumentano, sono intensi e fastidiosi, diventano preoccupanti per i genitori.

Il bambino sta semplicemente esasperando la sensazione di ammanco già sperimentato allo stacco dalla tetta, a causa dell’improvvisa e naturale perdita di attenzione da parte della mamma.

Le analisi rilevano l’appiattimento dei villi che è stato prodotto dalla routine ripetuta fin dai primi mesi di vita: ma, poiché è un’anomalia, vi si associano i disturbi di oggi.

Va da sé il fatto che, da quel momento, un regime alimentare ferreo può diventare una soluzione ben accolta e mantenuta dal genitore, che può così sopperire all’esigenza di essere un bravo genitore; ma anche dal bambino, che riceve e incatena a doppia mandata le attenzioni che aveva sentito di perdere.

 

Anche i cosiddetti “celiaci tardivi” (diagnosi in età adulta), sempre che abbiano effettivamente dei sintomi intestinali, è possibile che (ma non è assicurato, poiché ogni persona ha la sua storia particolare!) il binario sia quello del primo anno di nascita.

Ricordo infatti che quelli che nel mondo delle 5LB vengono chiamati “conflitti” o DHS, praticamente nella totalità dei casi sono sperimentati dalla persona nel ventre della mamma fino al primo anno di vita: tutto ciò che è successivo è in realtà un richiamo (in gergo detto anche “binario”) che avviene per somiglianza con quel primo conflitto originario.

E’ quindi assolutamente plausibile che la persona, anche da adulta, viva una situazione improvvisa che esasperi quella prima percezione viscerale di “mi manca la tetta della mamma”, reagendo a livello biologico.

 

Ileo e cieco

L’ileo e il cieco sono le aree in cui si iniziano a diagnosticare le coliti, coliti ulcerose, e se vengono trovate con biopsia “parti necrotiche” possono prendere il nome di “morbo di Crohn”.

Qui la qualità secernente (3) è molto attiva, come anche la assorbente (4) e peristaltica (2).

La qualità secernente (3) in Fase Attiva aumenta la secrezione di muco, con eventuale proliferazione cellulare che viene chiamata adenocarcinoma a cavolfiore o polipo.

In PCL-A la mucosa ripara con caseificazione del tessuto in eccesso ad opera di funghi e micobatteri.

Poiché non c’è sintomo importante senza essere in presenza di abitudini-routine continue con recidive sullo stesso tessuto, quello che avviene normalmente è che, in seguito a migliaia di cicli di proliferazione e caseificazione, il tessuto si indebolisca e si danneggi in modo notevole.

Infatti, in seguito ad ogni crescita cellulare, funghi e batteri caseificano smantellando tutto l’eccesso più una piccola parte del tessuto originario: processo che, se ripetuto indefinitamente, arriva a “scavare” la mucosa fino al livello muscolare e dei vasi sanguigni, zone che producono sanguinamento e anche forti dolori (i tessuti endodermici superiori sono invece insensibili).

In base ai tessuti coinvolti, al perdurare, alla profondità e ai sintomi, il fenomeno può venire chiamato in diversi modi, tra cui “malattia di Crohn” e “mucoviscidosi”.

 

Il sentito biologico, relativo all’attivazione dell’area ileo-cecale nella qualità secernente (3), lo si ritrova in una situazione in cui “mi si tratta ingiustamente”, “non mi si tratta con i dovuti modi, con il dovuto rispetto” nella propria famiglia di origine.

Azzardando una traduzione in psicologia spiccia, si può intendere una persona permalosa, che si sente facilmente offesa.

 

Mentre le ghiandole secernenti crescono come “polipi” o “noduli”, la qualità assorbente (4) ispessisce per assorbire meglio quando “sono in una situazione di merda in cui provo a poterci stare e non ci riesco.

In questo caso l’intestino deve evacuare una brutta situazione, ma allo stesso tempo cerca di assorbire di più perché vorrebbe starci con più tranquillità.

In PCL si ha l’arresto immediato dell’assorbimento dei gas, che produce gonfiori addominali bassi, intestinali.

E’ inoltre possibile che un processo sullo sfintere ileo-cecale provochi il rallentamento del bolo, il quale, fermentando, può amplificare i gonfiori.

Con la valvola ileo-cecale termina l’intestino tenue.

 

– Colon

 Per tutto il colon è presente ampiamente la qualità secretoria (3), che in Fase Attiva aumenta la funzione con maggiore produzione di muco per sminuzzare e far scivolare meglio il boccone che è rimasto a metà strada e non è possibile evacuarlo.

I sintomi possibili sono le feci non compatte, gli adenocarcinomi a cavolfiore e le degenerazioni già viste nell’ileo in seguito a lunghe recidive, come le coliti ulcerose e, se molto intense, il cosiddetto crohn.

La qualità assorbente (4) in questa parte dell’intestino è principalmente destinata al recupero dei liquidi, ancora molto abbondanti: come nel tenue, la mucosa fa ispessimento e aumento dell’assorbimento in Fase Attiva, con il possibile sintomo delle feci secche o a palline (e stitichezza a causa di feci dure), mentre fa feci molli o liquide in PCL-A, con possibile caseificazione dei tessuti.

Un indizio molto rilevante, valido anche per tutto il resto dell’intestino e del corpo: con la caseificazione da micobatteri durante la PCL-A, è possibile che si abbia sudore, specialmente notturno, ma esclusivamente nell’area circoscritta in cui sta avvenendo il processo.

Se si ha una febbricola a 37 costante  e sudore notturno solo nell’area dell’addome, è molto probabile che l’intestino stia smantellando, con caseificazione micotica, il tessuto in eccesso di alcuni noduli (o altri tessuti condotti dal paleoencefalo, come il peritoneo).

La percezione biologica del colon è una sensazione di “situazione di merda da evacuare”, “porcheria, ingiustizia subita, un boccone che non riesco né ad assorbire né ad evacuare”.

In base alla zona del colon che ha reagito, si può verificare una certa tendenza a essere implicata una situazione nella famiglia di origine per il colon ascendente, meno intima con fratelli e altri parenti per il colon trasverso, con l’esterno e la società per il colon discendente.

 

Quella che è considerata una occlusione intestinale può avvenire: o per un adenocarcinoma molto grande tale da occludere l’intestino (ma è un caso davvero raro malgrado sia ritenuta la causa principale) o, molto più frequentemente, si tratta proprio della PCL-A, cioè quando l’adenocarcinoma inizia a caseificare e riparare.

Infatti in questa fase delicata il tessuto è gonfio e fragile, così l’organismo interrompe sensatamente i movimenti muscolari peristaltici per evitare lacerazioni durante la ristrutturazione.

Si ha quindi una sensata immobilità dellintestino.

Se c’è occlusione intestinale, un sintomo che conferma lo svolgimento dell’opera di riduzione caseosa dei micobatteri è, come hai già potuto capire, il sudore notturno limitato all’area dell’addome.

In una soluzione netta e senza recidive, la fase PCL-A con la presunta occlusione necessita al massimo di 3 settimane.

 

 

 – Retto

Il retto si occupa dell’evacuazione e, come il colon, aumenta la funzione secernente (3) in Fase Attiva con adenocarcinomi (polipi) al retto e al sigma: si tratta meramente di qualcosa che è entrato da dietro e non doveva entrare, “uningiustizia subita che non riesco a evacuare”.

Per la donna può essere connesso ai rapporti anali (che possono essere piacevoli e accettati, ma per il serpente, comunque non è il modo giusto); mentre per l’uomo è più in senso figurato “me la son fatta mettere in quel posto”.

 

Qualità escretoria (5): si attiva nel momento in cui ci si sente avvelenati, intossicati (sia in senso traslato, sia realmente).

In Fase Attiva e in Crisi Epilettoide ci sono quei sintomi di forte evacuazione di acqua e spesso di vomito insieme, che hanno l’obiettivo di sbarazzarsi al più presto del veleno.

La qualità peristaltica aumenta la spinta dal digiuno (intestino tenue medio) verso il basso, mentre si inverte e si intensifica dal  digiuno verso la bocca.

La caratteristica di questo tipo di vomito endodermico è la forza data dalla peristalsi, che produce un getto molto lungo e prolungato, al contrario di quello ectodermico, a partenza dalla piccola curvatura dello stomaco, più “a strappo” e breve.

 

Le 4 qualità analizzate per l’intestino, in poche parole, hanno la funzione di agevolare il transito del boccone, con aumento della normale fisiologia in quelle situazioni in cui ha difficoltà a procedere.

Per un qualsiasi essere vivente, un ostacolo alla digestione può essere questione di vita o di morte: per questo motivo le reazioni del tubo digerente possono essere così intense, energiche e debilitanti.

Non essendo poi i confini della percezione così netti e delineati come li ho esposti didatticamente, è chiaro che, nella maggioranza dei casi reali, i sintomi sono il risultato di un mix delle 4 qualità insieme.

 

 

 

Tratto da “Noi siamo il nostro corpo”

Creature di percezione concepite per imparare illimitatamente

di Mauro Sartorio