Degenerative motorie
Muscolo-scheletrico
Sclerosi, autoimmuni, degenerative motorie
In neurologia vengono classificate una grande quantità di malattie dalla patogenesi incerta ed eziologia completamente ignota, che in molti casi coinvolgono l’apparato muscolare.
Attraverso “gli occhiali” delle leggi biologiche si fa rapidamente ordine e chiarezza sia rispetto alla sintomatologia e al suo decorso, sia rispetto alle cause.
Dobbiamo ora ritornare su quel meccanismo che è piuttosto tipico dell’apparato muscolo-scheletrico, e in particolar modo per l’essere umano: riprendiamo quindi il discorso da quei “conflitti locali” che hai conosciuto nel capitolo Il dolore e le recidive locali, e che spesso perpetuano lunghi circoli viziosi.
Un esempio può dare un’idea più chiara:
– un uomo si trova nella percezione di “non essere adeguato a fare un grande passo”.
Il muscolo della coscia destra resta in allerta in questa sensazione di non riuscire ad avanzare, determinando una leggera atrofia per tutta la Fase Attiva.
Nel momento in cui “il grande passo” viene fatto, il muscolo entra in riparazione cedendo forza e sostegno (inizio della fase PCL-A).
Ora succede che quest’uomo, facendo le scale, improvvisamente cade, sentendo ch qualcosa non va, che la propria gamba “non tiene”. Ciò è del tutto normale e sensato: come abbiamo visto, il muscolo ha bisogno di un certo tempo di convalescenza per ripristinarsi, e perciò si protegge facendosi flaccido.
Il problema è che un evento simile può riattivare “localmente” la percezione di “non farcela”, non più in relazione con “il grande passo”, ma per la debolezza stessa della gamba: “la mia gamba non è più valida come prima”.
Si avvia così un circolo vizioso di Fasi Attive e soluzioni, in cui proprio il cedimento durante la soluzione è occasione di conflitto.
E non solo: l’uomo potrà iniziare a vivere impedimenti motori come “sono impedito a fare le scale”, aggiungendo al quadro anche paresi e crisi epilettiche; potrà vivere nuove e diverse svalutazioni e paure, in una cascata di conflitti biologici imprigionati nella gabbia percettiva.
Tale circolo vizioso è molto frequente ed è spesso il responsabile della cronicità di questi sintomi.
Ma diventa, anche e soprattutto, il motore di quelle diagnosi “degenerative e autoimmuni” che vengono fatte a carico del sistema neuro-muscolare.
La diagnosi stessa, come può essere quella di sclerosi, produce con questo meccanismo un effetto drammaticamente nocebo, togliendo di fatto ai muscoli il diritto sacrosanto di essere deboli e fiacchi, perché ogni cedimento viene preso come una conferma di avanzamento della malattia, producendo ulteriore svalutazione e conflitto motorio.
In questa situazione i tessuti non sono mai in grado di portare a termine la fase di riparazione, giungendo in certi casi a degenerazioni tali da limitare profondamente le funzioni muscolari, e accompagnando la profezia ad auto-avverarsi.
La curva bifasica “umana”, che non è in grado di giungere alla fine del ciclo, si presenta così: ogni fase di riparazione (porzioni inferiori della curva) diventa occasione di nuovi stati di allerta (porzioni superiori della curva), in un circolo vizioso che non consente il ripristino della fisiologia normale, portando alla lunga alla degenerazione dei tessuti.
Altri sintomi che abitualmente vengono addebitati a queste “degenerazioni neurologiche” sono quelli sensoriali, come i problemi di vista (scotomi e simili), che sono invece processi diversi con un proprio decorso e nessun nesso con i conflitti motori.
Puoi trovare approfondimento ad ogni particolare sintomo nei capitoli dedicati.
Certamente è un tema molto delicato per il terrore che lo impregna e per la debilitazione a cui può portare… in questo ambito il livello di ipnosi che si crea è elevatissimo: siamo così abituati a vivere di etichette che, appena ce ne viene affibbiata una (per esempio sclerosi multipla), qualsiasi attività anomala del corpo la identifichiamo con quell’etichetta, anche quando il nuovo sintomo non avesse nulla a che vedere.
E ci diamo spiegazioni fondate su routine di credenze: “perché il sistema immunitario è debole”, “il virus si sta diffondendo” e simili.
Il processo di riparazione con le sue defaillance muscolari è invece buono e sensato, e andrebbe assecondato senza spaventarsi: come farebbe un animale, che senza credenze e interpretazioni, si prenderebbe il suo tempo di convalescenza e lascerebbe lavorare il corpo.
Al contrario, l’idea comune porta a interpretare i cedimenti, gli scatti epilettici, le difficoltà motorie come peggioramento del quadro clinico.
L’attenzione su questi sintomi diventa sempre più ossessiva nel tentativo di guidare e controllare i movimenti (il che è impossibile perché il movimento è ideomotorio, non si può controllare), e così si cade in un loop di recidive che si autoalimenta.
Le difficoltà per la persona diventano enormi: a ogni cedimento una conferma della progressione della malattia, a ogni paresi motoria una svalutazione che riavvia il processo da capo.
E gli ingredienti che sostengono questa atmosfera ipnotica sono illimitati, a partire dalla stessa paura della famiglia e delle persone più vicine, fino alla comunicazione mediatica che non lascia scampo.
L’unica cosa che la natura richiede è: lasciare fare il corpo.
Non si tratta di “lottare contro il brutto male e non mollare” ma di fermarsi, anche in una società in cui non è concesso.
Notare come le defaillance, anche se impegnative, sono segnali positivi di vagotonia in cui il corpo sta ripristinando le proprie funzioni.
Accettarle in un clima familiare sereno, senza angosce, e prendere il momento per quello che è: un periodo di convalescenza.
Notare come in un’altalena di sintomi, vagotonia dopo vagotonia, permettendo le fasi di riparazione, ci si senta un po’ più forti di prima.
Questo è, molto semplicisticamente, l’unico modo per fermare la routine degenerativa, a condizione che la situazione che ha avviato il conflitto all’origine sia stata risolta.
L’ipnosi è una gabbia così solida e assolutamente identificante che il cambio di prospettiva e attitudine non è esattamente come uno schiocco di dita.
Quando si parla di cause chimiche per questo genere di sintomatologie, si consideri che
In effetti spesso vengono considerati alcuni segnali organici, come alcuni “marcatori”, senza che ci siano inconfutabili nessi di causa-effetto con i sintomi.
Per esemplificare questo procedimento, si pensi alla difficoltà che si pone nell’identificare e catalogare, sotto un unico titolo, fatti che non hanno un effettivo nesso causale tra loro: quando con la risonanza magnetica vengono rilevate macchie bianche nel cervello (dette “lesioni”, processi cicatriziali in PCL o già conclusi) e allo stesso tempo la persona ha sintomi motori, si enuncia la Sclerosi Multipla; se, per una visita occasionale, vengono rilevate macchie bianche nel cervello ma la persona non presenta sintomi motori, può essere diagnosticata Sclerosi Multipla Asintomatica; se ci sono problemi motori, ma non corrispondono altri criteri diagnostici (come la non rilevazione delle macchie nel cervello) può essere chiamata Sclerosi Multipla Atipica.
Per uscire da questo dedalo, le leggi biologiche sono uno strumento di verifica diretta: al di là di qualsiasi nome e del suo potere suggestivo, quali sintomi si manifestano concretamente?
Se e solo se ci sono difficoltà motorie, si ha a che fare senza dubbio con una routine in cui si ripetono migliaia di recidive sui muscoli, ogni individuo a modo suo, con la sua speciale percezione e il suo personale vissuto.
E allora qualsiasi cura medica è buona, a patto che parallelamente si faccia qualcosa di utile a rompere l’incantesimo.
Tratto da “Noi siamo il nostro corpo”
Creature di percezione concepite per imparare illimitatamente
di Mauro Sartorio